«FUTURISMI CONTEMPORANEI. Oltre i confini del tempo» 5 maggio 2024 ore 11.00 nella Sala dei Dogi a Palazzo Donà dalle Rose

«FUTURISMI CONTEMPORANEI. Oltre i confini del tempo», mostra
promossa e presentata dalla Fondazione Donà dalle Rose nelle prestigiose
sale del Piano Nobile e nel giardino segreto di Palazzo Donà dalle Rose, tra gli
eventi del Padiglione del Camerun alla 60° Biennale Arte di Venezia
Palazzo Donà dalle Rose | Fondamenta Nove 5038 |Venezia
Apertura dalle 11:30 alle 17:00 dal 5 maggio al 9 giugno 2024.
L’inaugurazione, con conferenza, è fissata per domenica 5 maggio alle ore
11:00.
La manifestazione, fortemente voluta e patrocinata dalla Fondazione Donà dalle Rose, è
inserita nelle attività della Fondazione medesima e tra gli eventi del Padiglione del
Camerun alla Biennale Arte di Venezia 2024. Ospite di Palazzo Donà dalle Rose, è curata
da Michele Citro ed Andrea Guastella, in collaborazione con il collezionista e mecenate
Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona; vede esposte sculture di Boccioni (fra cui il celebre
Sviluppo di una bottiglia nello spazio, una bottiglia poggiata su un piatto i cui due
elementi costitutivi danno vita a una natura morta, tema paradossale nella poetica
futurista di Boccioni, dove l’artista calabrese, rifacendosi forse a una scultura di Medardo
Rosso — il Bookmaker — riesce a rendere il gioco dinamico che sta alla base dei suoi lavori
attraverso una visione vorticosa degli elementi, rendendo indistinti l’interno e l’esterno
degli oggetti e dando movimento al tutto. L’esemplare in mostra è un surmoulage,
autorizzato dagli eredi Marinetti, dell’esemplare Winston Malbin — ricavato dal gesso del
MASP — oggi al Metropolitan di New York. Accanto ad essa, l’Antigrazioso, scultura in
gesso patinato realizzata tra 1912 e 1913 e conservata presso la Galleria Nazionale d’Arte
Moderna e Contemporanea di Roma che rappresenta la madre dell’artista. Il busto è uno
dei pochi esempi superstiti delle sculture futuriste eseguite da Boccioni tra il 1912 ed il 1913
ed esposte alla “Galerie 23” di Parigi nel 1913. Il surmoulage in mostra, sempre autorizzato
dagli eredi Marinetti, deriva da una fusione in bronzo realizzata dalla famiglia Marinetti
nel 1951 prima di cedere il gesso alla GAM e poi venduta nel settembre 1956 a Lydia e
Harry Lewis Winston Malbin, che la lasciarono nel 1989 al Metropolitan di New York) ed
opere di artisti contemporanei improntate a un futurismo eterno. Oltre i confini del
tempo…
Fra questi: Luigi Citarrella (con la sua Bagnante che fonde un corpo di donna ed una
testa a forma di motore. Lei che, come la “macchina”, dovrebbe lanciarsi in una corsa
sfrenata, riposa, invece, comodamente sdraiata. Il suo movimento — come il nostro, al
cospetto del lavoro — è intimo, interiore. È il moto fermo e silenzioso della macchina che
immagina di diventare umana), Alessia Forconi (con la sua flora futurista, dove un
albero non è solamente un albero, ma è anche sole, vento e il canto degli uccelli che
riposano sulla sua chioma…), Marco Manicardi (con il suo pesantissimo e
cromaticamente neutro corpo umano raggomitolato in posizione fetale che, proprio come
un bambino, non sembra affatto consapevole del suo triste destino. Ciò nonostante un
dubbio si fa strada: se le trafitture fossero, in definitiva, necessarie? Se solo attraverso le
tante ferite ricevute — a cominciare da quelle inferte dai Futuristi all’arte del passato —
fossimo in grado di stabilire connessioni?), Fulvio Merolli (con le sue figure marmoree
volanti, dinamiche e roboanti, attraverso le quali l’artista si fonde col suo gesto artigiano e

creatore: il movimento, in astratto, non esiste, neppure nel pensiero. Esiste il divenire, e la
materia plastica, vibrante della scultura ne è la prova), Rosa Mundi (con una delle sue
sfere armillari dove uno dei cavalli di San Marco sembra muoversi all’interno di un
“orologio”. Il suo passo, misurato, attraversa il tempo e sembra avere la stessa funzione del
cavallo che, ne La città che sale di Boccioni, segnava l’avvento del Futurismo: simboleggia
la forza trasformativa dell’arte. Ma con una differenza sostanziale. Mentre il cavallo di
Boccioni era furente e imbizzarrito, quello di Rosa Mundi procede a passi tardi e lenti. Non
c’è bisogno di affrettarsi. La ruota gira, e il futuro, come il passato, è già presente; e le sue e
“valigie”, di vari formati, che rappresentano il bagaglio culturale impalpabile, stratificato
nei millenni, delle diverse esperienze ed ere umane), Giuseppe Negro (con la sua
“architettura” di tessere, dipinte di colori scuri, che riecheggiano il colore nero del legno
bruciato, tipiche dell’agire poietico dell’artista. Nell’opera le tessere sono metaforicamente
unite dallo sviluppo di frammenti di legno bruciato, giustapposti ed aggettanti rispetto alla
struttura, e da piccole teste, simili a sculture), Elia Alunni Tullini (con la sua scultura
dinamica, in cui un mezzobusto della Venere di Milo emerge dal vortice di una betoniera,
Tullini sembra quasi prendere in parola i futuristi: nell’abbraccio mortale della macchina,
la povera Venere ruota su se stessa, incredula e stupita. Ogni speranza sembra perduta. E
tuttavia, prima che una risata ci sommerga, sopraggiunge un pensiero: la rotazione della
macchina è del tutto naturale. Ruotando su se stessa la scultura — la tradizione classica –
si riscopre terra, elemento chiave, perno ineludibile di ogni interpretazione), nonché pezzi
di design del fondatore di Alchimia, Alessandro Guerriero (con le sue sedute di “Re-
design”), Massimo Giacon (con il suo coniglietto “pelle e ossa”, che trova le proprie
radici nella Toy Culture, una sottocultura nata all’inizio degli anni ’90, come evoluzione
tridimensionale dei puppet del writing, sviluppatasi parallelamente all’affermazione della
street art occidentale e dei manga giapponesi e coreane) e Studio Superego (con gli
arredi della collezione Bon Bon, composti da una sequenza di moduli in plexiglas colorato
che si ripetono e sovrappongono costruendo la forma. Una serie di pezzi unici progettati e
prodotti da Studio Superego in collaborazione con Marco Pettinari. Il tavolino Bon Bon,
con colori che sembrano presi in prestito da Futurballa o Depero, ne è il protagonista
indiscusso).
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